APPROPRIARSI DI PREGI DEI PRODOTTI O DELL’IMPRESA DI UN CONCORRENTE: 7 MOSSE PER METTERE IN GINOCCHIO IL FURBETTO DI TURNO

APPROPRIARSI DI PREGI DEI PRODOTTI O DELL'IMPRESA DI UN CONCORRENTE

(COME TENERE UN PIEDE IN DUE SCARPE)

Ci hai messo una vita per mettere a punto il tuo prodotto, lo sappiamo. Ti è costato soldi, energie e tanta fatica farti un nome. Poi, un bel giorno, scopri un furbetto di turno che, con qualche mezzuccio da sciacallo, ti sta fregando il lavoro. Non solo! Oltre al lavoro, ti sta rubando anche i meriti e le soddisfazioni che spettano a te.

E soprattutto i clienti.
Vorresti ammazzarlo, ma non puoi.

Ecco, allora, come difendersi da chi cerca di appropriarsi di pregi dei prodotti o dell’impresa di un concorrente.

Legalmente.

Appropriarsi di pregi dei prodotti o dell’impresa di un concorrente

Errori comuni: il nemico ti osserva

Può sembrare strano, ma molti clienti che in passato si sono trovati in questa condizione tendevano a ridicolizzare il problema. Lo sminuivano, o peggio ancora lo ignoravano.

Mi rendo conto che, magari nei primi tempi, le conseguenze di un comportamento di concorrenza sleale teso ad appropriarsi dei pregi dei tuoi prodotti o della tua impresa possano sembrare poca cosa.

E poi quante cose abbiamo da fare ogni giorno!

All’inizio molti credono che i clienti resteranno fedeli al prodotto originale, perché leali, attenti e consapevoli della differenza di qualità. “Non mischiamo la lana con la seta”, pensano in cuor loro.

Ahimè, nella mia esperienza, non è così.
Molto spesso, infatti, le persone cercano solo di risparmiare.

Mi spiego: spesso i consumatori semplicemente non hanno la conoscenza per valutare oggettivamente le differenze che esistono tra il prodotto originale e quello simile. Specie se vengono ingannati sul fatto che il prodotto simile ha qualità o pregi che sono tipici, invece, solo dei prodotti e della tua impresa.

Pillole di concorrenza sleale
La concorrenza sleale per appropriazione dei pregi dei prodotti o dell’impresa altrui, disciplinata dall’art. 2598 n. 2 c.c., ricorre quando un imprenditore, in forme pubblicitarie od equivalenti, attribuisce ai propri prodotti od alla propria impresa pregi, quali ad esempio medaglie, riconoscimenti, indicazioni di qualità, requisiti, virtù da essi non posseduti, ma appartenenti a prodotti od all’impresa di un concorrente, in modo da perturbare la libera scelta dei consumatori (v. Trib. 1440/2016). Non ricorre quando si adottino tecniche, materiali o procedimenti già usati da altra impresa; ciò può dar luogo, invece, alla concorrenza sleale per imitazione servile (v. Cass.100/2016).

 

Tecnicamente, tutti noi quando siamo consumatori pensiamo che la pubblicità sia sempre veritiera e corretta (come dovrebbe essere).

Sai qual è il vero problema? Millantare caratteristiche che in realtà i prodotti non hanno, ma che sono invece specifiche e riconosciute dei tuoi prodotti. Questo è un sistema subdolo e meno costoso di accaparrarsi clienti (i tuoi clienti!). Così, è molto facile abbassare i prezzi. È invece impossibile per chi, come te, si è smazzato tutto il duro lavoro e per anni ha fatto importanti investimenti.

Spesso questo aspetto i clienti non lo comprendono e nell’immediato monetizzano il risparmio. Poi forse il tempo darà ragione al prodotto originale: il cliente si accorge delle differenza e, magari, nota che in effetti i prodotti erano simili (e non uguali!).

E forse torna ad acquistare il tuo marchio originale.
Ma nel frattempo sono passati giorni, mesi o addirittura anni.

Sperando che per te non sia troppo tardi.

 

La soluzione, in 7 semplici mosse

Fortunatamente hai appena incontrato me e lo staff di concorrenzaslealeaddio.it, il primo sito che può concretamente risolvere il tuo problema. Se non lo hai ancora fatto, scarica l’e-book gratuito per saperne di più su come difenderti.

Intanto, ecco a te una guida pratica per mettere in ginocchio chi sta tentando di appropriarsi dei pregi dei tuoi prodotti o della tua impresa. In sole sette mosse!

 

1) L’attacco è la miglior difesa.

La prima cosa da fare è scrivere una diffida stragiudiziale con la quale chiedere, con tono perentorio, all’impresa concorrente di interrompere immediatamente il suo comportamento illegale.

Perché? Perché una conseguenza irreparabile dei casi di concorrenza sleale è lo sviamento di clientela (nell’e-book troverai anche pratici consigli per scrivere una diffida efficace e evitando gli errori più comuni).

Vuoi essere più incisivo? Fai un comunicato stampa, o pubblica la diffida sul mezzo di comunicazione che ritieni più idoneo ad informare la tua clientela e i tuoi fornitori. Attento, però, a non violare i criteri della correttezza professionale.

Pillole di concorrenza sleale
La divulgazione di notizie vere integra l’illecito di concorrenza sleale per denigrazione solo se effettuata in modo tendenzioso e subdolo, e cioè quando il fatto non è presentato nella sua oggettività e l’esposizione di esso getta discredito sul concorrente (così, Trib. Torino, 20/09/2010; v. pure Cass. 2020/1982; Trib. Bologna, 6/2/2009; Trib. Catania, 19/6/1998).

 

2) Presto presto, che è tardi.

Ecco il secondo passo, molto importante per tutelare (e spesso evitare!) danni economici ingenti per la tua impresa: rivolgiti ad un giudice per ottenere un provvedimento cautelare urgente (art. 700 c.p.c.) che imponga all’impresa concorrente di cessare il suo comportamento fraudolento (art. 2599 c.c.)

Credi serva troppo tempo per avere giustizia? Le misure cautelari sono uno strumento che nasce proprio per questo: tutelare chi sta subendo un comportamento scorretto dai danni derivanti dalle lungaggini burocratiche italiane.

Molto spesso, infatti, il tempo che normalmente trascorre tra la richiesta di tutela in via giudiziale e il successivo momento in cui si riesce ad ottenere una sentenza definitiva è pari a qualche anno.

 

3) Alla pubblica gogna!

Ottenuta questa misura cautelare, adottata dopo che il giudice ha ritenuto sufficientemente fondati i tuoi timori e sufficientemente provate le tue affermazioni, puoi procedere a renderla pubblica.

Puoi utilizzare il tuo sito internet, le piattaforme social della tua impresa e anche altri mezzi di comunicazione di massa quali giornali, riviste di settore, spot radio o interviste televisive. Ricorda, però, di attenerti sempre ai criteri della correttezza professionale.

Perché rendere tutto pubblico? Questo passo è importante per far conoscere a tutti i tuoi clienti che in realtà sei vittima del comportamento fraudolento altrui e che i tuoi prodotti/servizi sono in realtà unici e qualitativamente superiori. Questo passo ti aiuterà a riprendere la tua clientela, o comunque a non perderla.

Qualche suggerimento in più

Il limite entro cui si ritiene lecita l’attività informativa intesa quale condotta di reazione va limitata agli interventi minimi e indispensabili, quali segnalazioni specifiche a soggetti esattamente individuati e con esatta indicazione del contenuto del provvedimento di riferimento (così, Trib. Palermo, Sez. spec. Impresa, 26/2/2015).

Per consolidata giurisprudenza, la pubblicazione di un provvedimento giurisdizionale, anche in assenza di uno specifico ordine del Giudice, non è di per sé illecito concorrenziale e lo diviene solo nel caso in cui le concrete modalità con cui la pubblicazione è avvenuta siano tali da travalicare la funzione informativa propria di questo tipo di pubblicazioni e divengano il mezzo per gettare discredito sul concorrente e arrecargli un pregiudizio (v., tra le tante, Trib. Torino, 28/4/2012).

Così, ad esempio, è stata ritenuta illecita la pubblicazione caratterizzata:

– «dall’assenza di ogni collocazione temporale dei fatti illeciti che dava contrariamente al vero l’impressione dell’attualità della sleale concorrenza» (App. Milano, 12/10/1982);

– dalla mancata indicazione della temporaneità del decreto (App. Roma, 13/1/1992; Trib. Reggio Emilia, 29/7/1999);

– dal fatto che le decisioni giudiziarie pubblicizzate fossero non definitive e che la loro diffusione fosse stata ripetuta più volte in un breve arco di tempo (Trib. Bologna, 21/1/1992).

Viceversa, è stata, ad esempio, ritenuta lecita la pubblicazione di una sentenza accompagnata dall’avvertimento che essa era stata sospesa in pendenza di appello e che era stata pubblicata a cura della parte (Trib. Milano, 7/7/1994).

 

Infine, puoi ottenere dal Giudice la pubblicazione della sentenza a spese del tuo avversario, se sussiste dolo o colpa grave (art. 2600 c.c.).

Pillole di concorrenza sleale

Secondo Trib. Modena, 3/9/2012 (ma v. pure Cass. 14966/2007; Trib. Catania, 28/11/2011; Trib. Bologna, 8/3/2011), L’ordine di pubblicazione della sentenza può prescindere da qualsiasi prova del danno subito e può essere adottato anche in assenza di danno risarcibile.

L’unico presupposto della condanna alla pubblicazione della sentenza è la sussistenza dello stato soggettivo (quantomeno) di colpevolezza, che giustificherebbe la condanna al risarcimento.

Tuttavia, in materia di concorrenza sleale, la colpa si presume e la pubblicazione della sentenza può essere discrezionalmente disposta dal Giudice per il solo fatto che il concorrente accusato di concorrenza sleale non abbia superato la presunzione di colpa a suo carico.

 

4) Sharlock Holmes al tuo servizio.

Il quarto passo è denunciare il comportamento di concorrenza sleale volto ad appropriarsi dei pregi dei tuoi prodotti o della tua azienda all’Autorità Antitrust.

Questa aprirà un’indagine conoscitiva volta a valutare le tue ragioni, potrà inibire i comportamenti volti a danneggiare i consumatori e sanzionare i fatti anche attraverso l’obbligo di eliminare gli effetti prodotti dai comportamenti commercialmente scorretti.

Nel compilare tale atto devi prestare attenzione a descrivere in modo particolareggiato il comportamento che ritieni sia volto a danneggiarti. E capirai esattamente il perché nei prossimi punti.

Un po’ di legalese

Sebbene si possa ritenere l’imprenditore un soggetto interessato a fare ricorso all’Autorità Antitrust, va evidenziato che i suoi provvedimenti hanno la finalità di tutelare non già l’interesse individuale dell’impresa, ma quello generale dei consumatori al corretto funzionamento del mercato; sicché può accadere che un comportamento di concorrenza sleale ex art. 2598 c.c. non produca conseguenze negative per il mercato in genere. Nel qual caso, l’imprenditore ricorrente vedrà respinto il suo ricorso.

È importante sapere che, ai sensi dell’art. 66, D.lgs. 2005/206 (Codice del consumo) l’Autorità garante per la concorrenza ed il mercato:

  • d’ufficio o su istanza di ogni soggetto o organizzazione che ne abbia interesse, inibisce la continuazione delle pratiche commerciali scorrette e ne elimina gli effetti. A tale fine, si avvale dei poteri investigativi ed esecutivi di cui al Reg. 2006/2004/CE. Per lo svolgimento dei compiti di cui al comma 1 l’Autorità può avvalersi della Guardia di finanza;
  • può disporre, con provvedimento motivato, la sospensione provvisoria delle pratiche commerciali scorrette, laddove sussiste particolare urgenza;
  • se ritiene la pratica commerciale scorretta, vieta la diffusione, qualora non ancora portata a conoscenza del pubblico, o la continuazione, qualora la pratica sia già iniziata. Con il medesimo provvedimento può essere disposta, a cura e spese del professionista, la pubblicazione della delibera, anche per estratto, ovvero di un’apposita dichiarazione rettificativa, in modo da impedire che le pratiche commerciali scorrette continuino a produrre effetti;
  • con il provvedimento che vieta la pratica commerciale scorretta, l’Autorità dispone inoltre l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000,00 euro a 5.000.000 euro, tenuto conto della gravità e della durata della violazione.

 

5) È l’ora dell’artiglieria pesante.

Lo step successivo è chiedere una consulenza tecnica, cioè la consulenza di un perito di parte che possa in modo inequivocabile attestare che stai realmente subendo atti tesi ad appropriarsi dei pregi dei tuoi prodotti o della tua impresa e stimare il danno da mancato guadagno.

 

6) Ma quanto mi costa?

Molto probabilmente ti starai chiedendo: “Tutto bello, ma quanto mi costa tutto questo?” In realtà con le giuste attenzioni, niente. Zero. Potrai infatti ottenere la restituzione di tutto!

Il sesto passo infatti è documentare tutte le spese sostenute per difendere il tuo marchio, la tua impresa e i tuoi prodotti.

Attenzione: i pagamenti devono essere effettuati precisando la causale e tali spese devono essere tracciate in contabilità, se vuoi recuperare fino all’ultimo centesimo.

Nello specifico, tali voci andranno annotate incrementando la voce del danno emergente, cioè il danno economico patito a causa del comportamento del furbetto di turno che vuole appropriarsi dei tuoi meriti e dei frutti del tuo sudore.

 

7) L’arma segreta!

Ancora non hai scaricato l’e-book gratuito per saperne di più? Il settimo passo da compiere è proprio questo.
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Risolvi gratuitamente il tuo problema oggi.
Domani potrebbe essere già troppo tardi.

Avv. Alfredo Buccella

 

 

 

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